Riecco il blocco-azzurro

 

Chiamatelo muro, definitela trincea, ma la necessità del Napoli di risalire dal burrone dei risultati, significa soprattutto solidità di gruppo che resiste alle difficoltà. Senza attacco, privato di Kvara, Osimhen e Simeone, il Napoli duro, cattivo, determinato e necessariamente brutto ha concluso la missione del dopo SuperCoppa. Come un minatore, il gruppo Mazzarri è riemerso dalla torbiera dell' Olimpico con in mano un buon punto, perché strappato alla Lazio, rivale nella corsa Champions. Con Lobotka e Demme a tessere la tela del gioco, il blocco azzurro ha sofferto, tuttavia non più di tanto. Certo ha rischiato, ma è uscito indenne. Del resto

l’ossessione del possesso palla, tipico del Sarri-game, non poteva far male a Mazzarri. 

E i 90’ di ieri pomeriggio all’Olimpico hanno messo davanti a uno specchio il Napoli praticone e quello che si credeva fosse ancora il gioco scintillante di Sarri, entrambi a fare i conti anche con l’amarcord, nella sfida mai banale e carica di significati dell’uno contro l’altro.

Ma, ormai, tutto ciò è divenuto una fola, un ricordo opaco, un fantasma, un’ossessione: l’egemonia di un calcio bello da vedere, ma durato qualche amen, che vive solo in qualche anfratto di una ideologia pallonara o nelle congreghe dei tifosi accademici che si recensiscono tra di loro. Trova consensi negli orfani del sarrismo duro e puro e tra coloro che fingono di ignorare un’estinzione. E di non sapere che anche nel calcio ci sarà sempre qualcuno più puro che ti epura.

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