Fino a due anni fa abbiamo sempre parlato del “Napoli di Sarri”, come se chi guardasse una gara del Napoli sapesse a priori già di cosa si stesse parlando. Ad oggi invece ci troviamo dinanzi ad uno spettacolo che ha lasciato l’amaro in bocca non solo a tutti i tifosi partenopei, ma anche a coloro i quali non avrebbero mai creduto di vedere quello che sulla carta è il Napoli più forte dell’era De Laurentiis con soli 18 punti dopo 11 gare di campionato. Partiamo dallo scorso anno, anno in cui subentra un allenatore blasonato come Ancelotti al posto di Maurizio Sarri, il quale veniva da una stagione eccezionale con un sogno distrutto solo a poche giornate dal termine. Un anno fa a questo punto del campionato gli azzurri si trovavano a 25 punti in classifica, a sei lunghezze dalla Juventus capolista. Nonostante un rendimento altalenante, si è sempre guardato con fiducia il futuro, visto che la scorsa stagione veniva definita come un anno zero, in cui un grande allenatore come Ancelotti doveva capire chi fosse adatto al suo progetto tattico e chi no. Al termine della stagione, gli azzurri chiudono al secondo posto, pronti per un mercato che doveva creare il Napoli adatto alle esigenze tattiche del tecnico, in modo tale da poter provare a contrastare finalmente il dominio Juventus. Sin da giugno, nonostante nomi del calibro di Manolas e Lozano, il sogno di tutta la piazza partenopea riecheggiava nel nome di James Rodriguez. Il talento colombiano è stato un vero e proprio tormentone estivo, dove il primo a desiderarlo era proprio Carlo Ancelotti. E da qui nasce il primo errore di questa stagione, ovvero una preparazione basata su un 4-2-3-1 che avrebbe messo al centro del progetto tattico il talento colombiano. Nel momento in cui non si è arrivati alla conclusione della trattativa, dal secondo tempo di Juventus-Napoli si è tornati al tanto discusso 4-4-2. Da quel momento in poi la storia la conosciamo tutti, ma la realtà è che guardandoci in giro questo modulo ed il progetto tattico di Ancelotti non è stato compreso non solo dai tifosi, ma anche dai calciatori stessi. Per questo motivo non si può parlare del “Napoli di Carlo Ancelotti”, perché ci troviamo dinanzi ad una confusione tattica in cui manca l’elemento principale che ha sempre contraddistinto questa squadra, portandola a disputare campionati eccezionali anche di fronte a squadre sulla carta più forti: l’identità. Ad ogni modo, non è questo il momento di abbandonare la squadra, il compito dei tifosi a prescindere dalla condivisione sulle scelte dell’allenatore o sulle prestazioni dei singoli, è di sostenere una rosa che per la prima volta affronta un momento di crisi che può risultare molto pericoloso se non se ne esce al più presto.
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