Nella sua interminabile “malanotte”, il Napoli va a dormire con in testa due brutti pensieri: la classifica peggiorata (Roma più su, quinto posto, pari merito col Cagliari e Lazio). L’altra spina è, invece, il torto marcio subito da Giacomelli: rigore non dato, gol incassato. A dimostrazione che arriva un momento in cui capisci che non hai più bisogno di capire. È tempo che qualcuno salvi il campionato da arbitri di basso profilo e spessore. E ogni riferimento a Giacomelli e ad altri del suo genere non é puramente casuale.
Risultato un pari che diventa un altro peso per il Napoli. Eppure per gran parte del primo tempo l’Atalanta è stata presa a pallate e ha chiuso la partita calciando lontano tutto ciò che pioveva in area, con il cuore in gola.
Sì, perché c’è l’altra partita, quella vera ancorché tradita. Qui il Napoli ha fornito buone sensazioni: più organicità nella formazione base, sprazzi di buon atletismo e qualche giocata di qualità (come il ”gioco” che ha propiziato l’1-0). Il resto sono gli errori di posizionamento in difesa, le troppe occasioni sprecate e, tanto per essere tranquilli (eufemismo), c’è pure l’ultima tegola: il ko di Allan e il timore per il suo ginocchio.
Ad aggiungere altri aggettivi su questo Napoli, ci pensa la maschera di Carlo Ancelotti a fine match; già, i suoi sono aspri tormenti che ora impressionano non meno del torto arbitrale.
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