Il Napoli scende giù dal podio Champions, ben sapendo che qui si gioca un altro calcio: più tattico e noioso, da prendere sempre con le molle. E lo Spezia con la sua montagna da scalare ne è lo specchio. Ben venga Raspadori che ti porta il gol, pur sul suono del gong.
Nel primo tempo, tuttavia, quelli della Spalletti band (sostituti e no) si muovono come ombre nella nebbia, indistinti e scollegati. Gli attaccanti risentono di un centrocampo poco dinamico all’inizio, ma tutta la squadra è disorientata da come Gotti e lo Spezia abbiano subito complicato la partita.
E il tema è stato sempre e solo quello: la ricerca degli spazi. Il Napoli ha avuto il demerito di assalti confusi, tormentati, macchinosi. Senza trovare una idea che lo liberasse dal blocco tattico creato dagli avversari. E dalla illusione di risolvere con il passaggio e il sottoritmo, un sistema difensivo massiccio.
Ma il problema che resta è un altro: bisogna meglio valutare i nuovi acquisti e procedere ad una integrazione. In questo Spalletti sa bene che il Napoli è una squadra importante, da reinventare partita dopo partita. E qui c’è bisogno di un chiarimento: non avesse vinto con lo Spezia sarebbe cambiato ben poco. Perché nel calcio, come anche nella vita, si può fallire in un'impresa senza per questo diventare un fallito. Anzi.
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