L’annata 2022-2023 targata Luciano Spalletti, nella quale il Napoli non solo ha vinto il tricolore dopo 33 anni dall’ultimo trionfo, ma ha anche raggiunto per la prima volta nella sua storia i quarti di finale di Champions League, ad oggi appare come un ricordo lontano, sbiadito, offuscato dall’orrore visto nella stagione appena conclusasi.
Ai nastri di partenza lo scetticismo era comprensibile: via l’allenatore di Certaldo, tra l’altro con le classiche luci e ombre che caratterizzano le separazioni in casa Napoli; via Cristiano Giuntoli, uno dei principali artefici dell’arrivo degli uomini chiave della cavalcata Scudetto; via Kim Min-Jae, un calciatore capace di sorreggere da solo l’intera difesa conferendole solidità e fiducia, rimpiazzato da un’incognita proveniente dal campionato brasiliano. Nonostante ciò, però, quante persone possono affermare con certezza di aver previsto, a settembre, una disfatta di tali proporzioni? È vero, l’arrivo di Rudi Garcia tra lo scetticismo generale, la perdita delle figure chiave sopracitate e una sessione estiva di calciomercato deludente sono apparsi sin da subito chiari campanelli d’allarme, ma nessuno avrebbe mai potuto pronosticare una stagione da 10º posto, la quale, tra l’altro, ha condannato il Napoli 2024-2025 a un’annata senza coppe europee (non succedeva dal 2009-2010), nonché al triste primato di peggior detentrice del titolo in Italia (il precedente record negativo apparteneva al Toro della stagione post Superga del ‘50). Il cammino disastroso degli azzurri è stato caratterizzato anche da diversi episodi negativi che si distaccano dal rettangolo verde, come Osimhen che rimuove le foto con la maglia azzurra dopo la pubblicazione del Tik Tok ironico post rigore sbagliato contro il Bologna, oppure Zielinski separato in casa che, promesso all’Inter da gennaio, gioca e non gioca, viene convocato e non, per non parlare dell’annuncio dell’addio di capitan Di Lorenzo.
Insomma, a distanza di circa un anno dalla vittoria dello storico titolo il Napoli e i napoletani si sono ritrovati in una situazione da film horror, letteralmente opposta rispetto al sogno vissuto qualche mese fa; ma di chi è la colpa? Il dito è da puntare verso tutti, perché tutte le parti hanno contribuito a dar vita ad una stagione vergognosa:
1) il presidente Aurelio De Laurentiis, il quale ha anche fatto mea culpa pubblicamente per quanto riguarda la scelta del successore di Spalletti;
2) i calciatori, apparsi spesso e volentieri demotivati, svogliati ed irrispettosi nei confronti dei propri tifosi;
3) la gestione del mercato da parte delle figure di competenza, mediocre nella sessione estiva (Natan e Lindstrom sono stati bocciati da tre allenatori diversi) così come in quella invernale (ci si sta ancora chiedendo chi e cosa sia Dendoncker e quale sia la funzione di Mazzocchi e Traore in questa squadra);
4) la comunicazione, fallace come sempre sia internamente che esternamente, con il numero uno azzurro che litiga con tutto e tutti davanti alle telecamere, allontanando chiunque;
5) l’inadeguatezza degli allenatori, che sì, avevano l’arduo compito di sostituire un mito come Spalletti, ma che avrebbero potuto e dovuto fare di più.
Alle porte del mercato estivo c’è dunque bisogno di una rivoluzione morale e sportiva: via i partenti Di Lorenzo, Zielinski e Osimhen, ma via anche tutti coloro che non hanno intenzione di onorare con sudore e impegno questa maglia, e dentro rinforzi oculati, non semplici e inefficaci pedine tattiche che servono solo a fare numero come successo finora; dentro anche chi ha fatto bene quest’anno in piazze minori, mettendosi in luce per giocarsi una chance in azzurro, come Caprile e Folorunsho. Infine, dentro una personalità forte che possa ristabilire l’ordine all’interno dello spogliatoio con esperienza e carisma, che dia nuova linfa vitale a un gruppo ormai abbandonato a se stesso e che, soprattutto, torni a far sognare e gioire un popolo intero.
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