Non solo rigori, ma anche l’anima

Dov’è finito il Napoli che il 17 giugno, appena quattro settimane fa, stese la Juve e vinse la Coppa Italia e poi fece faville post lockdown? Fu una fiammata quella vittoria, più forte dell’ultima spiaggia, o va considerata solo un disguido questa sconfitta più grigia dell’autunno che verrà? Ma ci voleva il Parma, e un po’ di rigori alla rinfusa, per sapere che il Napoli è senz’anima? Il settimo posto in serie A è la giusta dimensione, persino generosa se solo si seguono un po’ di ragionamenti.
Andiamo più in là della partita di ieri sera, il Napoli si accompagna con record a dir poco stravaganti. C’è chi si loda e imbroda perché Mertens e compagnia hanno in Europa il primato dei pali, ben 50. E, invece, ci sarebbe da recriminare, e molto: non con la malasorte, che non c’entra una mazza (come direbbe Tiger Woods), ma con l’inquietante dato che non c’è nessuno che sappia tirare in porta. Ecco spiegato perché il record  di pali. Ecco perché  serviva, già da un po’ di tempo,  un attaccante che faccia gol altrimenti tutto questo possesso diventa sterile e inopportuno.  A dirla tutta bisognerebbe rivoluzionare quasi tutto il reparto, magari  conservando solo Mertens e Insigne.
Ora bisogna seguire l’altra
coordinata, quella degli arbitri pericolosi per gli altri (il Napoli nella fattispecie) e per se stessi. Potrebbe essere fuorviante fermarsi a questa pur giusta recriminazione, ecco perché non bisogna mai tralasciare la partita ad alto tasso di bromuro. Con, sì e no, tre tiri in porta, a parte i rigori decisi da una tendenza tra lo sciatto e la vanagloria arbitrale. Certo, non bisogna arrendersi dinanzi alle storture e ai reiterata di tal Giua,  che da altri disastri proviene. Tuttavia questo Napoli tirato su alla men peggio sta sfuggendo di mano anche a Gattuso, sino a pochi giorni fa osannato, onorato e ribattezzato: l’allenatore coraggioso che ha cambiato volto al Napoli.

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