La tela di Aurelio

È l’ultima festa (almeno per adesso) del Napoli campione.  E in questo giorno - anzi in questa notte - che sembra non spegnersi più , si mischiano, sino a unirsi l’una all’altra, tutte le facce di questa città. Il calcio a Napoli è fenomeno particolare: diventa trasversale e inclusivo perché unisce un popolo che spesso si divide su troppe  cose. Tuttavia nemmeno il calcio può spiegare Napoli. Scriveva Mimì Rea: “Ogni tentativo di dare un’ennesima interpretazione di Napoli implica una buona dose di presunzione e corre il rischio di ripetere il già detto”.

Ma, forse, anche il Napoli è un po’ così. Capire il perché di una separazione apparentemente affrettata fra Spalletti e De Laurentiis sa di pretese infondate. Così come immaginare chissà quali disavventure nel ridisegnare la squadra prossima ventura. Il Napoli è la tela di De Laurentiis, che lui tesse e disfa, e ogni volta, tra panico e proteste, ricuce pezzo per pezzo, tanto da tenere queste maglie azzurre sempre  più su nelle classifiche del calcio italiano ed europeo. Stavolta, però, il sentiment di tanti pone una questione di non poco conto: questa è la squadra dello scudetto, che senso ha rinunciare a parte di essa? Perplessità legittima. E mai come ora la sfida che assume Adl sarà unica e irripetibile. Ma non per questo gli risulterà difficile superarla e alla fine vincerla. Magari con un Thiago Motta in panchina e un ds come Pietro Accardi nuovi di zecca per un altro ciclo e nuovi sogni. 

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