Il “Cholito” si siede al tavolo dei grandi

Ho pianto quando il Napoli di Mazzarri sfiorò la qualificazione ai quarti di finale di Champions League contro il Chelsea, poi futuro campione di quella competizione. Ho pianto quando Insigne segnò al Bernabeu quasi da centrocampo. Ho pianto quando Koulibaly realizzò il gol vittoria nei minuti finali a Torino contro la Juve. Ho pianto quando sono andati via Hamsik, Lavezzi e Cavani. Ma le lacrime che ho versato mercoledì sera durante la gara del Maradona contro il Liverpool, ma più precisamente al terzo gol degli azzurri, hanno un sapore diverso. Ma per capire bene cosa sia accaduto in quell’istante, bisogna andare indietro di qualche anno. Nel 2009 un ragazzino di Buenos Aires chiede ai suoi genitori di farsi un tatuaggio, a soli 14 anni. Il padre si oppone a questa richiesta mentre la madre, come accade in ogni famiglia con il classico genitore cattivo e genitore buono, accetta la richiesta del figlio e lo accompagna dal tatuatore. Il disegno non riguarda una scritta, una data o un cartone animato, bensì un pallone. Ma non un pallone qualunque, ma quello della Champions League. Perché quel ragazzino aveva un sogno nel cuore: segnare una rete nella massima competizione europea. Però di fondo c’è un problema, quel ragazzi ha sulle spalle un nome abbastanza pesante. Il padre ha vinto tutto quello che si poteva vincere nel corso della sua carriera diventando di diritto uno dei centrocampisti più forti della storia del calcio argentino e forse del mondo. E cercare di giocare a calcio con un peso del genere non è facile per nessuno. Quel ragazzo è Giovanni Simeone. Mercoledì sera quando il Cholito ha depositato quel pallone in rete con un tap-in, in realtà stava realizzando il suo sogno. Ogni secondo, ogni millesimo per lui, probabilmente, rappresentavano un’eternità. Poi le mani nei capelli, le lacrime, le braccia al cielo e la sua resa sul prato verde del Maradona sono arrivati dritto al cuore. L’abbraccio dei compagni che erano più felici di un Giovanni totalmente incredulo a quello che stava accadendo, ha dimostrato per l’ennesima volta perché questo sia lo sport più bello del mondo. Perché mentre c’è chi cambia maglia per soldi, c’è chi ha aspettato tutta l’estate per vestire questa maglia, con il rischio di restare a Verona e di vedere rinviato il suo sogno ancora una volta. Perché Giovanni ha aspettato il Napoli solo per provare a esaudire il suo sogno. Per alcuni sono bastati tre minuti, ma in realtà il Cholito ha atteso 9 anni prima di realizzare quel gol, così semplice ma anche così importante. 9 anni di duro lavoro, sudore e sacrificio. 
Però dobbiamo ammetterlo: quanto è bello vedere un argentino segnare al Maradona con la maglia del Napoli? Assaje.

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