Se c’è un punto che la stagione del Napoli sta mettendo a nudo è il vacillare della bella storia dell’era De Laurentiis, ancorché vissuta in un tempo piccolo. Sembra un’epoca lontana, che continua ad andare in pezzi ogni giorno di più. Neppure la promessa di una rinascita, il ruolo taumaturgico di un nuovo allenatore, i calciatori messi alla porta o che andranno via per scelta e, infine, la potenza assertiva di certi opinionisti (sic!), stanno compattando il club e la sua vasta platea. Su alcuni fronti rischiano, anzi, di dividersi. Il punto di attrito più evidente riguarda il misero presente e l’ancora più vago futuro.
Purtroppo la bella storia é diventata il grande inganno. È aver creduto che il Napoli avesse potuto fare il Napoli pure quest’anno. E, invece, siamo qui a commentare il lento declino. A osservare, smarriti, i resti di una squadra che appena un anno fa, viveva di emozioni e successi.
Questo Napoli ignora anche il passato. Si è smarrito nella sua favola. Non sa come sia finito dal primo al decimo posto, dal 4 maggio 2023 a oggi. Ha perso la faccia e una marea di punti. Il Napoli è ancora avvolto da errori madornali seguiti da un crollo senza precedenti. La responsabilità e le colpe del presidente? Certo, come di tutti quelli che si sono avvicendati in questa stagione del declino. Colpe ne ha tante, ma De Laurentiis di colpevoli ne copre anche troppi.
Il Napoli lento, prevedibile, con poche idee, distratto e per nulla coraggioso, è il paradigma del proprio campionato e dell’ assolutismo del presidente.
Adesso cala il sipario. L’ultima inutile partite ha confermato questo strazio. Non ci sono più traguardi da raggiungere, se non quelli del mercato delle illusioni.
Andranno via in tanti. Anche Osimhen: pochi 15 gol per convincere i grandi club a valutarlo 130 milioni. Andava venduto, assieme ad altri, quest’estate, come era stato suggerito a De Laurentiis dagli artefici dello scudetto. Già, lo scudetto del rimpianto. Peccato averlo strappato via da quelle maglie con tanta, troppa insolenza.
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