Aspettando Napoli-Juve tra Higuain e nuovi deliri

Cosa ne sarà di questi ottantamila che aspettano il doppio Napoli-Juve e il loro ex, Gonzalo Higuain? Ormai la tensione intorno a quello che fu il celebrato Pipita s’è affievolita, i livori si sono diluiti, ma dentro questo alambicco passionale esistono sedimentati rancori. Tuttavia Higuain va accolto come l’attaccante della Juventus che è stato del Napoli, e quindi ora professionalmente lontano. È, però, diventato , a sua insaputa una specie di contribuente, delle finanze del Napoli, forziere che dentro conserva ancora un bel po’ di banconote di una campagna acquisti fatta pure e soprattutto con i danari della Juventus. Quei 90 milioni lasciati sul banco di una trattativa lunga, e non improvvisa come si fa credere, hanno consentito al Napoli di ridisegnare una squadra e di rifarla anche bene. Oggi mette in campo i vari Zelinski, Diawara e Rog  (un po’meno), con la loro scapigliata bravura di chi è giovane e sa che il futuro può essere suo e si spera – clausole risolutive permettendo – del Napoli.

Mentre il passato è passato pur, se a volte, ritorna. Pur se diventa inutile spargere nuovi dissapori su antichi dolori. Ma tant’è, Higuain e il suo addio scollinano nel piccolo mondo delle animosità da tifo.  Lui sostenne d’essere andato via perché non sopportava un minuto in più De Laurentiis.  Chi sa e bisbiglia, va sussurrando che si era lesionato il rapporto tra Higuain e la squadra, soprattutto dopo l’ultimo anno di Benitez. Rapporti deteriorati, tra chi aveva stili di vita censurabili , però, tollerati e chi, invece, era ligio ai doveri e alla sacralità dello spogliatoio. Con Sarri le cose sono un po’ cambiate, grazie anche ai buoni risultati e ai tanti gol. Eppure c’era una fronda importante che non cessava di soffiare sugli umori del Napoli. Era ed è quella degli spagnoli che faceva e fa capo a Callejon. Così come da parziale ammissione di De Laurentiis, rivelata a un giornale spagnolo, nel quale sostenne che Higuain gli chiese la cessione di Callejon. Ma queste sono soltanto indiscrezioni cucinate tra verità non rivelate e convenienze.

Ciò nonostante, e ben oltre Higuain, la domanda si riduce a un che Juve arriverà? Sarà animata dalla voglia di chiudere quanto prima il fascicolo scudetto? O sarà scossa dalla vicenda della N’drangheta? Impossibile, improbabile anzi da escludere. La Juve sa mascherare i momenti di imbarazzo e questo è senz’altro un periodo di grande disagio. Già, non è di tutti giorni conoscere che un club sia entrato nelle aule di tribunale, pur senza avere indagati, per rispondere di rapporti con la N’drangheta, l’organizzazione criminale più verticale, impenetrabile, militare e potente d’Europa. E qui si fa inqualificabile l’atteggiamento della Federcalcio, ovvero dell’istituzione, che prima ha tentato di assaltare la ricerca della verità, nel tentativo di salvare una presunta onorabilità del calcio, poi s’è rannicchiata nell’angolino. Tanto da rendere ancor più inqualificabile chi si è lanciato a contestare l’intervento della Procura federale, organo interno alla stessa Federazione, e mettendo in discussione l’attività e la legittimità della Commissione antimafia.  Momenti tristissimi per gli approssimativi governanti del calcio.

Si è passati dagli strali del direttore generale della Figc alle frasette più ovvie del presidente. È noto che il singolare Tavecchio si compiace spesso della propria arguzia, infatti dal tono assertivo parrebbe che il suo sia stato un discorso ponderato. Ebbene, è proprio questo che lo rende ingiustificabile. Ciò detto resta difficile comprendere quale ragione abbia spinto un suo dirigente, assai navigato, a inoltrarsi serenamente su un sentiero tanto impervio. E a pestare, per dirla in volgare ma non troppo, una cacca così vistosa. L’intervista televisiva con cui il dg delegittimava la Commissione parlamentare antimafia, e implicitamente la Procura federale, accusandola di mettere in scena un processo mediatico che fa male allo sport, ha realizzato un filotto di errori senza rimedio. Dunque, eccesso di autostima? Sbadataggine? O piuttosto la fredda volontà di cavalcare l’orgoglio bianconero ferito? O soltanto il senso di confondere il loro calcio con il recinto di un piccolo mondo dove ogni scempiaggine risulterebbe tollerabile? 

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