La zona playoff è lì, ancora a portata di mano, al netto di una stagione condita da alti (pochi) e bassi (parecchi di più). A maggior ragione se hai la possibilità di affrontare in casa una delle pretendenti alla post season. Ci sarebbero tutti gli ingredienti acchè il PalaCasoria possa diventare il teatro di una grande partita di basket. Condizionale d'obbligo quando si parla di Napoli, città che poco pare curarsi dei destini della propria squadra di pallacanestro. O, almeno, di quel che ne resta.
Si perché c'è un altro capitolo da aggiungere al libro dello sfacelo della palla a spicchi all'ombra del Vesuvio. E' notizia di poco fa che i giocatori della Givova Napoli non hanno ancora interrotto lo sciopero che da tre giorni li vede schierati compatti contro la società, che non paga gli stipendi da due mesi (e con una terza mensilità in scadenza tra dieci giorni). Il tutto alla vigilia dell'impegno contro Agrigento; e, se Malaventura e compagni proseguiranno nella protesta (e tutto lascia pensare che sarà così) a scendere in campo contro i siciliani sarà la formazione under 19. La riunione di giovedì tra l'ad Fabio Muro e i giocatori è stata tutt'altro che risolutiva e, anzi, lo stesso dirigente, unitamente al presidente Balbi, ha rassegnato le dimissioni, avviando l'immediata ricerca di nuovi compratori.
La soluzione più semplice e immediata (ma, non per questo, quella più giusta) sembra essere quella della cessione dell'intero pacchetto azionario al "Gruppo Castaldo", già socio di minoranza del club e prossimo a diventarne l'unico azionista. Il tutto, sempre, con la spada di Damocle di rivedere un film già proiettato su questi schermi: quello del fallimento.
Questo sport non merita questa città. E viceversa.
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