Questa è la città che da lontano riesce a guardare agli altri due scudetti in maniera uguale e diversa, allora ci fu il sacro rapporto con quel Napoli del salvifico Maradona. Il divino, il reverendo totem: qui tra vicoli e strade panoramiche esiste un legame quasi politeistico con la religione; le madonne, i santi non sono come altrove, diventano delle divinità autonome. A Napoli la religiosità è idealmente vissuta nel corpo. Non è solo una ragione di spiritualità, nemmeno di testa, da intellettualità. Anche nei confronti della squadra di calcio avviene qualcosa di molto simile: ecco perché Maradona è diventato una sorta di semidio, un santo protettore. Lui ora non c’è più fisicamente, però aleggia sulla città. Addirittura il presidente di quel Napoli del primo e secondo scudetto, Corrado Ferlaino, non è qui a festeggiare, ma a Buenos Aires sulla tomba di Maradona. Le vittorie di questo Napoli spesso vengono attribuite all’intervento dall’alto di Dieguito. Del resto, parlando di quel gol discusso dell’Argentina contro l’Inghilterra ci fu la mano sinistra di Dio a decidere. A Napoli si assiste da tempo alla sua canonizzazione dal basso, a cui partecipano pure i non napoletani, come il pellegrinaggio al murales dei Quartieri Spagnoli dimostra e che attrae più di decine e decine di magnifiche opere d’arte della città. Napoli nel1987, primo scudetto, era una megalopoli in ginocchio: messa a terra dal dopo terremoto e da tanto altro. Allora si disse che Maradona la prese per mano per portarla oltre le rovine, iniziando un nuovo ciclo. Ma non è stato, e non sarà, così. Perché non bisogna confondere i destini di una città con quelli della propria squadra di calcio. Napoli ancora adesso non offre segnali di reale ripresa e ha poco a che vedere con l’efficienza del club vincitore dello scudetto. Perché qui le rovine - non quelle metaforiche e poi reali del terremoto - ci sono ancora. Pur se stavolta lo scudetto non è affidato al genio sacro di Maradona, ma a un gruppo eterogeneo e vincente, frutto della circolazione e della forza delle idee che distinguono la politica di De Laurentiis. Come svela la fruttuosa ricerca di nuovi mercati per individuare bravi calciatori: Nigeria, Georgia, Corea. Tuttavia questo non vuol dire che da qui possano iniziare le buone prospettive per il sistema Napoli.
Del resto come ha risposto la città al suo momento magico fatto di turismo e di trend nazionale? Con i problemi di sempre, cominciando dai servizi, anche e soprattutto per la propria gente. Purtroppo la storia dei grandi agglomerati urbani ci dice che quando i servizi - e soprattutto il trasporto - migliorano anche tutto il resto funziona. Napoli è una città che ha delle potenzialità enormi, dal proprio motore culturale sino al capitale umano e professionale. Da Napoli, però, vanno via i laureati, i ragazzi che sanno innovare e questo sottrae alla più grande città del Sud le energie fondamentali. Se non si riescono a trattenere i giovani come possiamo immaginare la necessaria e urgente rifondazione? Magari si vincerà un altro scudetto e un altro ancora, ma cosa resterà in termini di progresso e vero riscatto sociale?
Alla fine il rischio è che finisca tutto nei fuochi d’artificio di una festa.
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