Parma fallito, debiti per 290 milioni

Il giudice del Tribunale di Parma Pietro Rogato ha accolto la richiesta della Procura di Parma, dichiarando il fallimento del Parma. La sentenza, depositata nel pomeriggio, a seguito dell'udienza di questa mattina durata 10 minuti, stabilisce per il club emiliano l'avvio dell'esercizio provvisorio e designa i commercialisti Alberto Guiotto e Angelo Anedda quali curatori fallimentari. I due professionisti dovranno spulciare le carte della società calcistica, facendo ordine e luce su debiti, passivi, eventuali responsabilità del crack finanziario e sulla possibilità di un rilancio della gestione societaria, specie considerando che il campionato è ancora in corso. Ieri c'è stato l'arresto del presidente del team ducale Giampietro Manenti, finito in manette con l'accusa di reimpiego di capitali illeciti. Oggi in aula a rappresentare il club c'erano, invece, Osvaldo Riccobene ed Enrico Siciliano, i due membri del collegio sindacale che si è occupato finora dell'ordinaria amministrazione.
Il capitano del Parma, Alessandro Lucarelli, fa parte del comitato dei creditori del fallimento insieme con la Colser e alla Iren Mercato. Avrà così un ruolo da interlocutore verso i curatori. Nella sentenza si fa espressamente riferimento anche alla delibera del 6 marzo della Lega Calcio Serie A che «ha rappresentato la propria disponibilità a valutare iniziative che possano consentire al Parma di proseguire il campionato in corso sostenendo, con interventi da concordare, con gli organi delle eventuale procedura fallimentare, la fattibilità dell'esercizio provvisorio». 
I debiti complessivi ammontano a 218.446.754,61 euro, con un patrimonio netto negativo di 46.696.901 euro. È il dato contenuto nella sentenza di fallimento. Secondo le informative depositate dalle Guardia di Finanza lo scorso 16 e 17 marzo il Parma ha pure, «un ingente debito sportivo, stimabile allo stato in euro 74.360.912 di cui 63.039.920 nei confronti dei calciatori tesserati, salvi ulteriori e più approfonditi accertamenti». Per questo motivo, conclude il giudice Pietro Rogato, «lo stato di insolvenza appare conclamato e irreversibile».
 
 

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