Spiegava Conte dopo la sconfitta - un ko durissimo, bisogna dirlo- quanto sia importante ricostruire il Napoli, dopo l’anno orribile del post scudetto. E lui è stato chiamato qui soprattutto per questo. Quindi sogni e vaticini sul primo momentaneo posto del Napoli valgono quel che valgono: umori, sensazioni e nulla più. Almeno per adesso, poi se succederà qualcosa di diverso e meglio appartiene, ora come ora, alla sfera di cristallo.
Sì, il Napoli ha perso male contro l'Atalanta. E non per un’incollatura. Il risultato provocherà qualche increspatura, in particolare nello schieramento di chi prevedeva un cammino di rose e fiori: sebbene costoro dovrebbero riflettere non solo sul calo del Napoli , ma sulla potenza di quando s’incontra un avversario competitivo che ridimensiona e accomuna vittorie e sconfitte. Né si può ignorare la coincidenza che molte cose non hanno funzionato, soprattutto tra i singoli. In buona parte finiti tra le maglie della rete predisposta da Gasperini, che si conferma stratega di buona levatura.
Il Napoli si nasconde per un’ora, lasciando all’Atalanta anche le chiavi del gioco, che così interpreta la manovra in versione moderna, con attenzione, ma pure leggerezza, senza darsi troppe arie, tipico di una squadra ormai di rango (vincitrice di coppa europea e in corsa Champions), tatticamente bene organizzata e con giocatori di sicuro mestiere.
Oliveira non esce dalla zona avversaria, né spinge il contemplativo Kavarastkhelia.
Lukaku , invece, si arrende al diretto avversario, il tosto svedese Isak Hien, gigantesco come lui.
L’ Atalanta continua a mostrare un pressing predeterminato, corrono anche in 3 sul portatore di palla. Nel frattempo Lukaku si allontana sostituito senza far polemiche, ma con il rammarico di aver deluso il suo più convinto sponsor: Antonio Conte. Un cenno rapido di saluto e gli occhi bassi dicono tanto.
Simeone entra d’impeto, ma ormai c'è ben poco da fare. Si finisce con una limpida sconfitta e tutti con i piedi per terra, almeno si spera.
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