Nei misteri del Napoli esistono sempre molte sfaccettature, sia in quelli che annunciano gioia che negli altri del dolore. Oggi parliamo di uno grande e impenetrabile, che arriva proprio nella domenica che fu della grande occasione. Ovvero nel giorno in cui battere la Roma avrebbe significato irrompere di nuovo in zona Champions e ripulire il polveroso cammino in campionato. Purtroppo anche l'ultimo enigma ha cambiato i connotati alla gara e al Napoli. Perché Gabbiadini è entrato dopo un'ora, perché Higuain è uscito nel momento decisivo di un finale assai poco travolgente? Perché la "quadrilla" di Benitez ha danzato come se fosse narcolessica e senz'anima? Perché la Roma (e/o le tante squadre che ci hanno battuto) ci mandano ko con una sola vera azione d'attacco? E perché gli azzurri vengono travolti in difesa e si confermano impotenti in attacco? Sono i misteri di sempre di questo Napoli che ha forse divorziato pure dal terzo posto, ridotto com'è a una carrozza di coda che sembra non avere più binari utili per risalire in classifica. C'è però una spiegazione logica alle partite perse e alla conta recente delle occasioni fallite: segna e vince chi ha più classe e chi ha miglior condizione. Certamente avrà ragione Benitez nello scegliere chi ritiene opportuno, tuttavia è un dato di fatto che utilizzare a mezzo servizio Higuain e Gabbiadini e relegare Hamsik nell'ormai deleterio, per lui e per il Napoli, ruolo di spettatore in panchina, significa rinunciare alla qualità. Diventa quindi indiscutibile affermare che la classe nel calcio fa spesso e volentieri la differenza. Ed è legittimo dire che, nel particolare, il Napoli ha giocato più della Roma, ma giocare a vuoto senza far punti è soltanto una consolazione, come asciugarsi una lacrima.