Hamsik bandiera in un calcio che non ne vuole più

E’ una razza in via d’estinzione. Ci sono Francesco Totti (38 anni), Daniele De Rossi (31) e forse anche Gianluigi Buffon (37), E poi bisogna tornare agli ex calciatori per trovarne altre: Javier Zanetti, Alex Del Piero, Paolo Maldini i primi che vengono in mente. In questo calcio non ci sono più bandiere: quei calciatori che legano il loro nome indissolubilmente a certi colori. Fino agli anni 90’ era una bella abitudine, una di quelle cose che ti faceva innamorare di una squadra e del calcio. Oggi si contano sulla punta delle dita. E quelle che resistono sono sul viale del tramonto della loro carriera. E poi c’è uno slovacco, anni 27, capitano del Napoli, che si sta facendo salire sempre più le sue quotazioni per diventare la vera bandiera azzurra. Parliamo ovviamente di Marek Hamsik. A rilanciare il suo amore verso Napoli ed il suoi colori sono le parole del suo ex procuratore, quel Mino Raiola che vuole candidarsi alla presidenza della Fifa, che ha condotto trasferimenti milionari dei campioni del nostro tempo, uno di quelli che ha tolto tutto il “romantico” che c’era in questo mondo del pallone. Ci ha provato anche con Marek Hamsik, quando nel 2011 voleva strapparlo dalla sirena Partenope richiamato dalle sirene di Milanello. Marek, allora 23enne, tentennò. Poi però decise di dichiarare tutto il suo amore a questa terra, restando così all’ombra del Vesuvio, con un gran secco “NO!” a Galliani, alla maglia rossonera ed allo stesso Mino Raiola che voleva aggiungerlo alla lista dei suoi prodigiosi affari. Le cose sono andate diversamente. “Non sono andato avanti nel lavoro con lui perché le nostre filosofie erano diverse – ha detto oggi il procuratore alla Gazzetta -  Io ero cattolico, lui protestante, non potevamo stare nella stessa chiesa. Quando prendo un giocatore gli chiedo due cose: dove vuoi andare e come ci vuoi arrivare”.  Hamsik, evidentemente, è già arrivato. Ha trovato la sua meta ideale a Marechiaro (suo secondo nome, da quando fu così battezzato da Paolo Cannavaro) e non vuole più lasciarla. E nonostante quel mare di critiche che arriva ad ogni prestazione opaca, lui resta qui, indossa con onore la fascia di capitano e quella maglia azzurra che è diventata una seconda pelle. E noi non possiamo che esserne felici. Perché è un grande uomo, perché è un grande calciatore (e presto se ne ricorderà), e perché siamo amanti di quel vecchio calcio fatto di bandiere. Falla sventolare ancora a lungo, caro Marek, sei l’ultimo baluardo di un calcio che non c’è più. 

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