GOLzalo, se non ci fosse lui…

Non basta avere il 9 sulle spalle per essere un centrattacco. E non perché viviamo in un mondo in cui il 9 ce l'hanno sulla schiena anche i terzini o i portieri. E nemmeno perché questo numero, uno dei più ambiti dopo il 10, alcune squadre di A nemmeno lo hanno distribuito. Piuttosto perché il centrattacco (come si diceva una volta) stava al centro dell'attacco. Col tempo si è passati a parlare di punte esterne, o di movimento (manco i 9 stessero lì fermi impalati). Già, è per questo che Lazio-Napoli è soprattutto l’elogio di Gonzalo Higuain, perché nei suoi quindici gol stagionali (dieci in campionato) c’è gran parte di questo Napoli, che pesa una volta si e una pure sulle sue spalle. Sui suoi affondi e i suoi ritorni, recuperi e assist compresi. Spesso è così. Nei momenti cupi, per lui e la sua squadra, e in quelli migliori per tutti. Così è andata pure a Roma, in quella che una certa letteratura giornalistica aveva e ha classificato come sfida per il terzo posto. Ebbene il centravanti vero - quello che torna e segna, che s’incavola ed emoziona – è proprio uno come Gonzalo Higuain, il bomber che, ancora una volta, s’è caricato addosso il carico di una partita e ha vinto.    
Ci ha messo un po’, il Napoli, per capire come montare all’Olimpico la sua libreria svedese, o forse come smontarla. Pareva di stare all'Ikea, più che in campionato, finché il Pipita non ha usato il cacciavite giusto per rimontare il terzo posto e mettere in fila la Lazio. Si sa che patire è un po' morire, per il Napoli nei suoi antichi e moderni labirinti: un modo per incartarsi, o almeno per tremolare, i partenopei lo trovano sempre. Con Reja, Mazzarri, Benitez. Con chiunque. Anche quando si vince o si vinceva, nessuna linea è mai stata nitida, nessun percorso netto.
Al di là del fatto che contro la Lazio, Rafa ha commesso un peccato mortale: De Guzman titolare, Hamsik in panchina. Per venire a capo di questa gara non facile, il Napoli è passato dentro le solite strettoia. Piuttosto lento nel primo tempo, poco sbloccato dal gol, non privo di scorie, sbavature, imperfezioni. E non conta chi sia l'allenatore. È come se una lenta paralisi dei centri nervosi facesse precipitare gli azzurri in una specie di sonnambulismo, per giocare giocano, però confusamente, rilassandosi solo alla fine, al fischio triplice dell’arbitro di turno. Il pubblico non è comunque schizzinoso e per ora s'accontenta, anche se gli inediti vuoti allo stadio di qualche settimana fa vanno colmati, domenica dopo domenica, trascinando la gente. Senza dimenticare che la crisi economica che strozza non solo Napoli obbliga a rinunce: i biglietti costano, il calcio non è un bene primario, la televisione riempie le case e gli occhi. Pur se oggi li ha riempiti, soprattutto, Higuain con il suo cacciavite.

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