Più che una crisi, parola che possiede comunque una sfumatura nera ma provvisoria, lo sventurato presente napoletano (sesto posto, quattro sconfitte nelle ultime sei partite e otto nelle ultime dieci, fuori dalla zona Champions, fuori dalla Coppa Italia, zero gioco, zero risultati) appare piuttosto come una condizione, uno stato di fatto acquisito e stabile. Non è un malessere, è una malattia ormai cronica. Il default azzurro ha molti padri che hanno sbagliato tanto e insieme. E premesso che non c'è caduta, nel calcio, che prescinda dalle responsabilità dei giocatori (dunque, i primi colpevoli sono loro), le persone alle quali si deve imputare una delle peggiori stagioni del Napoli sono essenzialmente due: il presidente De Laurentiis e l'allenatore Benitez. Ovvero le due figure apicali del club. Cioè chi comanda e chi mette in campo i giocatori, chi li compra e li vende. Quest'anno la società ha speso molto, moltissimo ma ha speso male. E anche l'anno scorso non era andata meglio. Imbarazzante la difficoltà incontrata da De Laurentiis nel trovare un solido e fermo dialogo davanti alle stranezze tattiche del suo presuntuoso allenatore. L’inizio del campionato di slancio e un po’ di vittorie da abbaglio hanno ingannato tutti. E forse hanno illuso anche lui e in parte la critica e il pubblico. Invece, quelli che erano indicati come dei fenomeni sono diventati oscuri comprimari. Callejon, a esempio, era visto come un fuoriclasse. Non appena la carica si è esaurita, il Napoli ha iniziato a offrire il fianco a ogni avversario, e questo è certamente un guasto tattico. Ancora non si è capito dove debba giocare, come e per chi. E con l’arrivo di Gabbiadini si è assistito a un assurdo gioco del doppio, con quei due che si calpestano in continuazione. Persa la capacità offensiva per un'involuzione, è però la fase difensiva il vero, enorme, eterno limite del Napoli. La quale si offre nuda alle ripartenze di chiunque, come ha dimostrato anche il finale contro la Roma e ieri contro la Lazio. Trentasette reti incassate in campionato sono una cifra da fallimento. Il Napoli è una squadra spaventata, il pallone "brucia" tra i piedi di tutti, dunque è anche un problema psicologico. Grossi imbarazzi, Benitez li ha dimostrati pure nella lettura delle partite e nella scelta dei cambi: ultimo, e del tutto funesto, quello tra Mertens e De Guzman. Infine, De Laurentiis ha preteso tutto il potere e si è accaparrato ogni carica: presidente, amministratore delegato e direttore generale. Ha voluto far tutto, senza però dimostrare di saperlo fare bene. Ha cancellato gli accenni di dissidenza. Tuttavia il suo vero mestiere è gestire bilanci, e infatti i conti del Napoli tornano: non in campo, però. Eppure le vittorie sono sia l'unica cifra che interessa i tifosi, che il primo obiettivo di ogni squadra.