"Non è che io debba abituarmi alla polemica, io vivo nella polemica". In uno sprazzo in cui, neglle ultime 48 ore, la lucidità ha prevalso sulla rabbia e la volontà di rispondere a ogni singola critica piovutagli addosso (Elkann o social, cambia poco), Antonio Conte ha ribadito quale sia il suo modus operandi et allenandi. Sul filo della tensione, in quel clima da 'soli contro il mondo' che tante volte, nel triennio juventino, ha aiutato lui e la sua squadra ad uscire dai (rari) momenti di difficoltà. Ricreare la sindrome da accerchiamento, compattare il gruppo sulla scorta dell'individuazione di un nemico vero o presunto è una strategia che, non di rado, paga nel calcio. Mourinho docet. Quando, però, si è allenatori di club, quando si ha il polso della squadra 300 giorni l'anno, quando si è totalmente coinvolti in un progetto tecnico che si è contribuito a creare.
Se, invece, il tuo compito è quello di SELEZIONARE è evidente che questa è una strategia destinata a naufragare. Soprattutto se identifichi come 'nemico' proprio chi, per usare un'espressione cara all'attuale ct, ti fornisce le truppe per andare in battaglia. Ribadire, a ogni singolo raduno, che non ti fanno fare gli stage e che i club hanno sempre da eccepire quando, dopo poco più di 15 giorni di lavoro, si vedono rimandati indietro giocatori più o meno acciaccati, non serve a nessuno. Soprattutto perchè sono proprio i club che, piaccia o non piaccia, hanno il coltello dalla parte del manico. Sono loro che pagano (profumatamente) i giocatori, che stilano tabelle di allenamento specifiche per evitare al massimo il rischio di infortuni, che, soprattutto, hanno tutto il diritto a rifiutare di lasciar partire i migliori per date di stage che, in quanto non previste dal calendario ufficiale Fifa, non sono formalmente riconosciute. E sono sempre loro che, in causa di infortunio a questo o a quell'elemento fondamentale, rischiano di veder compromessi gli obiettivi di una stagione con conseguente perdita di gloria ed emolumenti. Con i secondi, ormai, molto più importanti dei primi.
L'esser stato chiamato al capezzale di un malato terminale dopo il mondiale brasiliano, l'aver accettato la difficile missione di restituire prestigio ad un azzurro sbiadito dalle pochezze del campionato nostrano, l'essere diventato il SELEZIONATORE (meglio ribadirlo) più pagato della storia della Nazionale, non da il diritto di battere i piedi ogni qualvolta non si fa alla sua maniera. Che si è rivelata quella giusta per portare un club in disarmo a dominare la Serie A per tre anni di fila, ma che non può essere applicata al nuovo ruolo che si è liberamente scelto. Da persona intelligente qual è Conte sapeva benissimo cosa lo aspettava e che il suo essere 'allenatore di campo' avrebbe dovuto lasciare spazio, nel biennio che ci dovrebbe portare agli Europei di Francia, a una gestione intelligente e misurata delle poche risorse a disposizione.
La crescente insofferenza di questi mesi dimostra, al di là delle farsesche ore seguite al 'caso Marchisio' (che meriterebbe un approfondimento in altra sede), una crescente consapevolezza di aver fatto il passo più lungo della gamba. Non per incompetenza, perché per le qualità del Conte allenatore parlano i risultati ed i record dell'ultimo triennio. Ma, bensì, per incapacità ad adattarsi ad un 'vestito' che si sta facendo sempre più stretto col passare dei giorni. E non perché la tua vecchia dirigenza ha ancora il dente avvelenato o i tuoi ex tifosi ti rinfacciano un addio dal contesto non ancora chiaro; semplicemente perché la sfida si è rivelata meno stimolante del previsto. Ed essendo Conte un professionista che vive di stimoli e sfide, mancando la conditio sine qua non, tanto vale lasciar perdere e seguire le propria reale vocazione.
Senza aspettare eventuali fischi dello Stadium (che, a naso, difficilmente si verificheranno) o un altro infortunato eccellente che dia il la ad una nuova polemica con un club. Il vestito, se troppo stretto, ce lo si può levare per provarne un altro. A patto, però, di parlare chiaro. Senza nascondersi dietro il dito che sta indicando la luna.
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