Ancora un paio di giorni e il Napoli si convincerà davvero che la sconfitta di Verona può essere come l'olio di fegato di merluzzo: non entusiasmante da mandar giù, ma fa bene. Perché uno schiaffo aiuta a crescere e perché da Mosca, al di la del risultato che porta la qualificazione agli ottavi di Europa League, atterra a Capodichino una squadra rasserenata nella mente. Fare punti domenica con l’Atalanta sarebbe un passo avanti, non lo dico per ironizzare, perché i bergamaschi sono arrendevoli solo per certa letteratura calcistica. Edi Reja è uno della vecchia guardia che merita rispetto, per come accetta le sue responsabilità in campo e fuori. E poi c’è il Napoli che, poggiato com’è su quell’altalena di risultati, riesce a far girare la testa (e non solo) ai propri tifosi. Momento difficile, ma tensioni anche interne per ora accantonate. Lo spogliatoio non scricchiola dice Benitez. E questo è un bene, perché già scricchiola la squadra in campo. Niente di gravissimo, ma la conferma di un momento di disagio. Il calcio è fatto così: una vittoria in campionato contro la Toni band e, col passeggio ai quarti, sarebbe stato un bel cerotto. E magari avremmo scritto elogi al realismo tattico benetiziano. Ma torniamo al giovedì di Coppa: più occasioni per il Napoli, ma una serata senza impennate. Notato un po' di fatalismo fra i tifosi, frasi del tipo prima ci andava tutto bene, adesso ci va tutto storto, tranne che in Coppa. Un po' di sconcerto è comunque legittimo per le partite perse o inutilmente pareggiate. In effetti, il problema è tutto qui. Certamente il Napoli ha trovato il sorriso, ma il Napoli non ha fatto abbastanza, pure con la Dinamo il suo gioco è apparso frenato, balbettante. Troppi palloni lunghi, alla sperindio, a saltare il centrocampo, due soli servizi puliti alle punte, nessun tentativo di sfondamento centrale a palla bassa. Dovevamo essere più spregiudicati continua a ripetere Benitez, evitando di fare nomi. Sicuro, ma era difficile essere spregiudicati, costretti a ballare in inferiorità numerica in un centrocampo sguarnito in tutto e per tutto. Direi che a Mosca il Napoli ha trovato le difficoltà di una squadra italiana tipica contro una squadra tipica del nord di “lento pede”. La si può battere se i marcatori sulla mediana ogni tanto hanno la possibilità (o il fiato) per diventare aggressori, se saltano l'uomo, se piazzano un contropiede fulminante. Ma tutto questo in Russia non è accaduto, vuoi per l'assenza di Gargano (che quando sta bene è un buon grimaldello ruba palloni) vuoi per la scarsa vena di molti presenti. Comunque da oggi è di nuovo campionato. Il Napoli nella corsa Champions è scivolato, non è caduto rompendosi le ossa, ma dovrà davvero migliorare per trovare un po’ di pace e soprattutto di continuità. Arriva l’Atalanta, per noi può essere una grossa occasione di rilancio, un primo punto sulla situazione lo faremo domenica sera. Chiudo anticipando il tema che sarà d'attualità, se le cose non cambiano: la “mission” del Napoli è l’Europa League, come lascia intendere Benitez, voglioso d’aggiungere un altro lustrino alla sua carriera e alla bacheca del Napoli? Oppure è il secondo posto? Come annunciato da Hamsik, il capitano che ha giurato fedeltà all’azzurro e che vorrebbe la stagione fosse condotta nell’interesse esclusivo dell’azienda. Il Napoli a quel secondo guarda non solo per la gloria sportiva, ma anche e soprattutto per la plusvalenza di trenta e passa milioni che genererebbe nuove risorse. Sarebbe una boccata d’aria pura per l’asset finanziario del club, già provato quest’anno dall’esclusione dalla Champions. E, si sa, le ragioni del cuore nel calcio 2.0 devono necessariamente coincidere con quelle del portafogli.