Nonostante la matematica non abbia ancora decretato ufficialmente la vittoria della Juventus, si può dire, con nove punti di distanza dai bianconeri, che la corsa scudetto per il Napoli si sia, ormai, chiusa. Sebbene il Napoli non sia una squadra costruita per la lotta al primo posto, la classifica della stagione 2015/16 di Serie A lascerà sicuramente l’amaro in bocca a tutti quei tifosi che, giustamente, a dicembre assaporavano la vittoria finale. Ma tra ipotesi di complotto, campionato falsato e arbitri venduti, cerchiamo di analizzare quali sono i reali motivi di quella che, alla fine, verrà considerata come la sconfitta del Napoli.
Tattico:
Il Napoli di Maurizio Sarri ha messo in mostra, per gran parte del campionato, un calcio straordinario e l’impatto dell’ex Empoli sulla formazione azzurra è stato (dalla trasformazione di Higuain alla rivalutazione di Jorginho e Koulibaly) eccezionale. Tuttavia, senza sciorinare dati statistici sul gioco del Pipita & Co, uno dei motivi del mancato raggiungimento dell’agognato traguardo è da ritrovare proprio nell’assetto tattico del Napoli. Una squadra condannata a giocare bene, sempre in difficoltà quando è necessario adattarsi al gioco avversario e che, al contrario della Juventus, non sa ‘soffrire’. Se per molti lo scudetto è stato perso allo Juventus Stadium dopo la sfortunata deviazione di Koulibaly, i reali motivi della debacle azzurra sono da ricercare nella difficoltà del Napoli di sbloccare la gara contro quegli avversari che hanno costretto la squadra di Sarri a palleggiare lontano dall’area di rigore, senza la possibilità di sfruttare i corridoi e, quindi, usufruire della propria arma in più di quest’anno: l’inserimento negli spazi di Insigne e Callejon. Per intenderci: baricentro basso, squadra corta e bloccata dietro la linea del centrocampo e attenzione alle linee di passaggio, sono state le chiavi che hanno permesso a Roma e Milan di bloccare il Napoli sullo 0-0 e a Bologna, Udinese ed Inter addirittura di vincere sfruttando le sovrapposizioni sulle fasce e le giornate ‘no’ di Hamsik e Ghoulam. Punti persi, soprattutto in trasferta, che hanno permesso alla Juventus prima di recuperare e poi superare il Napoli, complice anche la mentalità e l’attitudine cannibalesca che i bianconeri hanno dimostrato di avere.
Mentale:
Indipendentemente da come finirà questo campionato, l’operato di Maurizio Sarri non potrà che essere elogiato e ricordato negli anni a venire ma se c’è un aspetto che va migliorato della sua gestione è quello legato al pre e post partita. Il tecnico azzurro si è sempre lasciato andare a dichiarazioni di ‘mazzarriana’ memoria, ha sempre sottolineato l’aspetto soprannaturale del primo posto del Napoli e ha sempre giustificato l’inferiorità della sua squadra con alibi legati a fatturato e calendario. Per avere un esempio di una dichiarazione che rispecchi a pieno la mentalità di un allenatore vincente, basta tornare alla 7° giornata di campionato quando Allegri, nonostante l’andamento da retrocessione della sua Juventus, si espresse così: “Crediamo ancora nello scudetto, dobbiamo solo trovare continuità. Mancano 31 partite, è giusto crederci”. L’allenatore bianconero, infatti, non si è mai nascosto e ha sempre dichiarato di voler vincere lo scudetto senza mai creare alibi o parlare di eventuale miracolo (nonostante le 4 sconfitte iniziali e nonostante i numerosissimi infortuni che hanno costellato il cammino della Juventus).
Società:
Dalla C alla Champions, ritornello che ormai abbiamo imparato a memoria, i meriti e i riconoscimenti della gestione De Laurentiis sono sotto gli occhi di tutti. Nessuno, infatti, può negare che l’operato del numero uno azzurro, seppur con qualche rallentamento, sia encomiabile e la gestione della mini crisi che ha accompagnato l’inizio di stagione di Maurizio Sarri ne sono la prova ma, purtroppo, non basta. Il Napoli è una delle poche società ai vertici a non essere dotata di una struttura societaria tale da poter competere con i maggiori club italiani ed europei. Se con Giuntoli un primo tassello è stato inserito, mancano ancora figure di spessore, non solo a livello mediatico ma anche relazionale, che rappresentino il club e che facciano da collant tra la società, allenatore e calciatori quando le cose non vanno per il verso giusto. Fin qui, De Laurentiis ha sempre dimostrato di tenere al bene del Napoli ma senza mai lasciare spazio ad altre figure ‘forti’ all’interno della società, un aspetto necessario per completare il processo di crescita e maturazione avviato anni fa e pensare di poter finalmente primeggiare nel calcio che conta, un po’ come dire mens sana in corpore sano.
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