Cercasi Napoli disperatamente

Dopo i fasti della stagione da campioni d’Italia, di un’attenzione a tratti smodata siamo approdati alla sostanziale invisibilità del Napoli. Il pareggio, strappato a giochi quasi fatti, segnala un po’ di cose, molte negative.
Il filo è l’equilibrio, spesso difficile, a volte precario, che il Napoli ha provato a tenere in queste prime quattro partite.
C’è un numero che più di ogni altro fa ben comprendere che cosa abbia scatenato questa piccola emergenza Napoli. Eccolo:  sono già cinque i punti di distanza dal primo posto, il che significa che si comincia in rincorsa. Certo, il rendimento di questo abbrivio di stagione somiglia a quello dell’anno scorso. Tuttavia allora erano segnali in progresso: “work in progress”, dicono quelli più bravi. Ora non è così. Da rivedere tante cose,  soprattutto questa ossessione di voler cercare sempre -comunque - subito Osimhen. Ormai è lampante: il Napoli non è più una sorpresa, tutti l’aspettano al varco. E bastano due partite contro squadre raccolte dietro la linea del pallone ed ecco che nasce il problema. Basta togliere profondità a Osimhen che il Napoli si spegne. Ed è, di rimando, col finale di Genoa-Napoli, ovvero l’ingresso di Politano e Raspadori, che può venire fuori una soluzione. Non tutte le partite possono essere incentrate sull’attaccante titolare. Allora passare dal 4-3-3 al 4-3-2-1 , come fatto da Garcia per rimediare al ko subito, cambia le carte in tavola. Già, ma perché farlo nell’emergenza invece che prevenire l’emergenza? E allora perché non pensare a Raspadori trequartista fisso, quando le squadre piazzano un pullman di traverso dinanzi al portiere, come hanno fatto il Genoa e, pure, la Lazio?
Poi la squadra: il Napoli feroce, d’attacco e d’avventura diventato campione, ora sembra mansueto, compassato, scolastico. Della serie: i migliori siamo noi e ci basta fare il compitino e poi aspettare il “game over”. È stato questo il Napoli dei 70’ trascorsi a Genova. 
Se potessimo dare un consiglio al Napoli - dall’allenatore all’ultimo dei calciatori - , che per definizione non ne hanno bisogno, useremmo l’ormai celebre aforisma: "Le cose migliori si ottengono solo con il massimo della passione.”

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