Da sinonimo di creatività, competizione, per certi versi, innovazione, il sistema Nspoli sta diventando un’ossessione per tutti. Ormai non c’è squadra in serie A che non si sia sottomessa alla Spalletti band: era rimasta solo l’Inter ed è arrivato pure il suo turno. Non sono pochi gli spunti a emergere dai novanta minuti contro i nerazzurri. Tuttavia val la pena soffermarsi su colui che da anni è il tutto del Napoli: eccoci a Giovanni Di Lorenzo. È lui che in questi suoi quattro anni in azzurro ha aiutato il Napoli a non perdere il filo degli obiettivi. Un capitano di continuità: mai una sbavatura, sempre tatticamente accorto, meravigliosamente semplice.
Già, magari ci si può infatuare di Osimhen e dei suoi abbaglianti fuochi d’artificio. Sentirsi eccezionali per i fuggenti dribbling di Kvara. Ed è giusto così, ma ciò che rende grande il Napoli nella sua crescita è la possente normalità di Di Lorenzo. C’è sempre bisogno di gente come lui. Non sempre s’avverte la necessità di avere accanto a se eroi o grandi campioni. Sono indispensabili persone comuni, persone che sanno come la sconfitta, lo scacco, possa nascondersi dietro l’angolo, ma che hanno piena coscienza di questo e continuano lo stesso ad andare avanti, cercando di dare ognuno con responsabilità il proprio contributo, di fare ognuno “la propria parte”.
Purtroppo in questo Napoli dai
mille volti, ne rimane uno ancora imperscrutabile. È il caso Spalletti che, forse, relega in un cono d’ombra pure la vittoria sull’Inter. Le sue parole e quelle di Adl allontanano entrambi, ma portano, soprattutto, lontano dalla necessità di fare chiarezza. È uno stato infiammatorio di queste giornate di Napoli e della felicità della città del tifo.
Come le prime inevitabili indiscrezioni sulle partenze di calcio mercato. Ma quella è fisiologia. Siamo in epoca di calcio fluido, chi ha denaro fa da cacciatore, chi ha qualità e valore, e meno denaro, è la preda.
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