Questa è una storia dove tattiche, strategie, moduli e schemi non c’entrano nulla. È il racconto di un Napoli nato e dissoltosi da maggio a oggi.
Cominciamo da oggi, da Roma-Napoli 2-0. Dopo 75 minuti cala il gelo sulla serata di Osimhen (fresco di milionario rinnovo) e compagnia, mentre pochi disperati provano ancora a rincorrere la Roma che prende il largo, beffando un Napoli che pareva riprendersi, con l’arrivo di Mazzarri, da un precipitare continuo, da un pozzo buio. Una voragine, una accidentata condizione dalla quale i ragazzotti in azzurro purtroppo non sanno più uscirsene.
La Roma ha spogliato sino all’ultimo lembo i campioni d’Italia. Sì, perché il Napoli proprio da stasera diventa il simulacro dei suoi errori. L’irripetibile squadra dell’anno scorso ha illuso tutti, sin anche De Laurentiis che da imprenditore visionario e arguto, ha creduto di essere tutto: anche un direttore sportivo-allenatore-procuratore. Purtroppo il calcio, come la vita, vive di cocente realtà e non di sbalzi d’animo.
Vale la stessa, ma non identica, illusione per il materiale umano: la squadra. Quello dell’anno della gloria è stato il calcio al più alto livello è al contempo la centrifuga che ha polverizzato tutto: la forza della volontà, la chimica di un gruppo strabiliante, ma in quanto tale irripetibile, l’imprevedibilità di alcuni elementi. Questo Napoli si sente soffocare: i calciatori stanno divorando se stessi. Quelle parole, sottovalutate, di Spalletti sul suo addio a un sogno erano un grido d’allarme rimasto inascoltato. Ed ecco che il prezzo dello scudetto sta diventando troppo alto: il sistema Napoli si ingolfa sempre più, le partite, come Roma e Frosinone, sono la cartina di tornasole che stress fisico e mentale raggiungono il livello di saturazione.
Una sproporzione che non fa bene a un Napoli il cui fascino era, soprattutto, nella democrazia del risultato: non di rado Davide può battere Golia. Ma quanto tempo è durato? Poco o nulla , il malessere generale non è più un sussurro.
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