Champions nel mirino, ma con quale spirito?

C’è poco da commentare in Napoli Cesena, “prendiamoci” l’unica cosa buona: i tre punti.Vittoria sofferta dicevamo, anzi soffertissima. Il Napoli in campo non c’è stato, o meglio c’è stato a tratti. La squadra romagnola ha dominato a lungo a centrocampo, specialmente nella prima frazione di gara. Nel corso del match sono ricomparsi i soliti “cattivi pensieri”: si deve subire una lezione di calcio anche dalla primavera del Cesena ormai retrocesso? Mimmo Di Carlo, come già Sarri e Donadoni, si prenderà gioco di noi? Per fortuna nel secondo tempo è arrivato il goal decisivo di Mertens che ha spezzato gli equilibri ed ha spianato la strada alla vittoria del Napoli. Gli azzurri ancora una volta sono scesi in campo senza carattere e senza voglia. Come se dovessero svolgere il mero compitino. I postumi della pesante eliminazione in Europa League ad opera del Dnipro non sono ancora smaltiti e nella testa di molti azzurri è ancora viva l’immagine della torsione di Seleznyov. Tuttavia i giocatori sono professionisti e hanno il dovere di impegnarsi senza sottovalutare nessun avversario. E gli stimoli neppure mancano, la qualificazione in Champions League, che passa per il 2° o 3° posto in Campionato, è ancora tutta da giocare. Detto ciò, dopo questo disastroso posticipo, un tarlo scava nella mente anche del più ottimista tifoso del Napoli. La squadra sembra oramai allo sbando, come se fosse in atto un disarmo. E i segnali sono tutt’altro che incoraggianti: Bigon che da quasi ex traccia un bilancio negativo della sua avventura a Napoli (un vero e proprio sfogo quello del DS che sostiene di non essere stato messo in grado di operare autonomamente); le pesanti contestazioni dei tifosi nel giorno del pranzo sociale; le titubanze di Benitez; le perenni indecisioni condite da inopportuni sfoghi del Presidente De Laurentis; le intemperanze di alcuni senatori in merito al “fantomatico progetto” (Higuain); la fumosità del “fantomatico progetto”; lo striscione tutt’altro che equivoco esposto in curva B. A prescindere dal buon lavoro fatto negli ultimi anni da De Laurentis, i risultati negativi di questa stagione vanno addebitati anche ad una gestione societaria del “vorrei ma non posso”. De Laurentis non ha sempre mantenuto le promesse fatte a Benitez. L’allenatore iberico aveva chiesto dei giocatori fondamentali per il suo modulo che non sono stati acquistati. Alcuni anche per differenze risibili tra domanda e offerta (si parla di 500.000 € per Kramer). Benitez aveva anche parlato delle necessità di un nuovo centro sportivo, degno di tal nome, e di investire nella “cantera”. Tutto questo non è stato (ancora) fatto, segno di una profonda divergenza nel modo di pensare (e forse anche nel modo di vivere) tra l’allenatore e la dirigenza. Benitez, da uomo di sport, ha sempre avuto in mente un ruolo da manager in un progetto a lunga scadenza. Nella possibilità di “plasmare” una società calcistica partendo dal basso: dal settore giovanile, passando per le strutture, fino ad arrivare alla prima squadra (un mix di campioni affermati e di giovani “cresciuti in casa”). Si è dovuto scontrare con una gestione padronale (seppur ottima guardando i conti) della Società Sportiva Calcio Napoli. Non sembra perciò frutto del caso la ormai sicura separazione tra il tecnico e De Laurentis. Tornando al calcio giocato, restano due partite fondamentali, entrambe molto difficili: con la Juventus a Torino e in casa con la Lazio. I bianconeri, nonostante le due finali da giocare (Coppa Italia e Champions League), non regaleranno nulla, inutile illudersi. Con i biancocelesti si prospetta una vera e propria battaglia senza esclusione di colpi. Un vero e proprio spareggio Champions. Considerando il carattere mutevole degli azzurri, ad oggi pare inutile fare pronostici o previsioni che dir si voglia.

Avremo tempo per analizzare e metabolizzare gli errori compiuti in questa altalenante stagione. Ad maiora.

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