Quel cordone ombelicale difficile da tagliare

Diciamoci la pura verità: i cambiamenti non sono mai facili e, la maggior parte delle volte, non sono neanche tanto desiderati, ma spesso sono anche necessari. Il Napoli e la città si erano lasciati con quel secondo posto, quantomai stretto nelle ultime stagioni, e con la voglia di voler ripartire un'altra volta più forti di prima, con lo stesso Maurizio Sarri e con qualche giocatore nuovo a valorizzare la rosa. Ma le scelte di una società non corrispondono mai ai desideri di una tifoseria, o almeno nella maggior parte dei casi. Via l'uomo con la tuta, la sigaretta in bocca, gli ideali di bellezza calcistica attraverso i quali si doveva raggiungere la concretezza, trovando addirittura la definizione di "Sarrismo", dentro il "nuovo" con esperienza, curriculum, coppe e tanta voglia di rimettersi in gioco in una piazza diversa dalle altre big europee come Londra, Madrid e Monaco di Baviera. Meno blasonata ma con una tifoseria passionale, pochi trofei (importanti ma datati) e tanta voglia di ritornare ad essere protagonisti, ma a proprio modo. Carlo Ancelotti è sicuramente l'uomo che De Laurentiis cercava dopo aver capito che Sarri non era: tante soluzioni durante la gara, meno rigido sulla tattica, però fornendo più possibilità, convinto di poter sfruttare la rosa a disposizione e più tendente alla concretezza del contenuto che la forma. Forse un colpo o due di caratura dal mercato sarebbero potuti servire per superare le prime difficoltà iniziali, ma il Napoli è questo con giovani promettenti da far crescere e da rivendere in caso offerte irrinunciabili. Prendere o lasciare e al nuovo tecnico è andata bene così . Ma il problema più grande di Ancelotti, che si è sempre professato contento della rosa messa a disposizione e dell'applicazione dei giocatori azzurri, è quello di far "dimenticare" tre anni di calcio di rara bellezza, magici, fatti di azioni spettacolari, amore folle di una piazza nei confronti di un uomo che a Napoli aveva portato una Primavera calcistica per tre stagioni, sogni ad un passo dal realizzarsi, una Juventus quanto mai con il fiato sul collo, ma senza dimenticare tutti i difetti naturali di Maurizio Sarri in questi anni, accettati da tutti. Carletto dovrà azzerare tutto questo, inculcare il nuovo nella mente dei suoi giocatori. Sfido chiunque a farlo e guai a dire che non sa dove mettere le mani dopo una partita persa, in maniera rovinosa, sia chiaro. Di "Ancelottismo", se proprio vogliamo dare nome alla sua idea, ne abbiamo visto con cambi di modulo a gara in corso (Lazio e Milan battute), cercare di giocare più in orizzontale, provare a servire la punta di peso in aria di rigore anche attraverso cross alti, ovvero tutto l'opposto di quello che si è visto in queste ultime stagioni con la ricerca del verticalismo. Chiaro, si deve assolutamente ridurre la distanza tra i reparti, dare più ordine e più compiti ai giocatori, soprattutto sistemare una difesa fino adesso da tanti punti interrogativi, ma non si può di certo pensare di avere tutto e subito, anzi ci vuole una disposizione molto rara in questo mondo che corre, un'abitudine che i napoletani non hanno avuto neanche all'inizio con Sarri (per poi essere messi in silenzio) e devono incominciare ad avere anche con Ancelotti: la pazienza. Il compito del nuovo tecnico, in primis, è quello di tagliare un cordone ombellicale molto duro, ancora collegato a Sarri, nelle gambe e nella mente dei giocatori, dimostrandolo fino adesso in tutti i modi: cambi di modulo a gara in corso, gioco più ragionato e nuovi interpreti in campo nell'ultima partita. Diawara e Verdi titolari, insieme ad Ounas buttato in campo per tutta la ripresa, sono segnali da parte di un tecnico che vuole cambiare il volto del Napoli degli ultimi anni, dandogli più autonomia, più soluzioni, più nature e non fossilizzarsi su pochi punti, ma serve tanto tempo e tantissima pazienza per vedere la squadra che lui vuole. Per come si è dato modo a Sarri di far vedere il suo calcio, lo stesso deve valere per Ancelotti ed è ingiusto buttare fango su un allenatore di grande esperienza e spessore. Quello di ieri, di mettere Diawara e Verdi, non è solo un far rimanere i giocatori stimolati in ogni momento, ma anche un messaggio ben chiaro, per tre stagioni un'utopia, che dice: "In qualsiasi momento, voi avrete la vostra partita e in quella dovete dimostrarmi tutto per essere presi in considerazione". Sarri ha avuto il suo tempo e tutti sappiamo cosa ha fatto, ma quest'ultimo rappresenta il passato sul quale non si deve far riferimento ad ogni cosa che non va, perché non si cresce e si fa ingiustamente male ad una squadra di ottimi elementi, ma con un nuovo allenatore si riparte sempre da zero, mettiamocelo in testa. Ci sarà il tempo del giudizio, ma non affrettiamoci troppo a darli perché insieme a giocatori, rimarremo delusi anche noi.

Dislike non mi piace
0

Calciomercato

Le Opinioni

Serie A

Scroll to Top